sabato 25 aprile 2015

Stile interno e Stile esterno, qual'è il punto?

Molto spesso nel kung fu in generale viene fatta distinzione tra stili interni ed esterni il wing chun come si può classificare?
Cominciamo col dare una prima definizione di queste due realtà a noi poco chiare, si parla di un movimento esterno quando usiamo una energia che sfrutta la biomeccanica del corpo mentre un movimento interno va a sfruttare una energia interna come ad esempio il Chi, quando effettuiamo una tecnica c'è qualcosa che tutti possono notare e poi c'è un movimento o applicazione che è nascosta e rendersene conto risulta difficile.

Infatti per questa componente interna apprendere l'arte marziale da soli risulta impossibile, da notare che alcune discipline utilizzano maggiormente il movimento esterno mentre altre di più quello interno, per fare un esempio la boxe occidentale usa più quello esterno mentre il Tai Chi usa di più quello interno.
Ora torniamo alla domanda che ho posto all'inizio come posso definire il wing chun?
Nel wing chun in generale si usano entrambi questi movimenti una volta l'una, una volta l'altra o anche insieme, però è bene precisare che questi due aspetti si completano a vicenda, posso decidere di scegliere di sviluppare più una tecnica come esterna ma non posso isolare del tutto la sua componente interna, senza di essa la realizzazione della tecnica risulta inefficace.
Per portar a compimento un movimento esterno ci sono alcuni elementi che fanno si che tutto questo può aver luogo: dapprima il praticante memorizza il movimento, quindi esegue un gesto, il movimento ovviamente deve essere eseguito nella maniera corretta e quando la nostra tecnica migliora possiamo accompagnarla con la giusta quantità di energia, e a tutto questo non dobbiamo dimenticare di dare il tempo giusto, con questo voglio indicare il tempo di reazione, se siamo troppo lenti ci becchiamo un pugno se invece individuiamo il tempo corretto ci difendiamo dal pugno.
Fra gli elementi sopra elencati, l'energia è l'aspetto che ci incuriosisce più degli altri perché è una qualità di tipo interna e va a completare un movimento di tipo esterno, l'energia viene usata per veicolare le nostre tecniche, fra l'altro cambiamo spesso partner perché ognuno di noi sfrutta maggiormente un tipo di energia rispetto un altra.




Nelle tecniche del nostro compagno possiamo avvertire sensazioni differenti: possiamo sentire una energia dura ma flessibile, una che taglia, che disperde ecc..
Alla fine l'energia è un mezzo per ottenere uno scopo, lo scopo è la realizzazione di una tecnica efficace, tutti sanno che l'energia può essere proiettata dall'interno verso l'esterno ma può anche essere usata all'interno per fortificare il corpo, un pugile di norma si abitua gradualmente all'intensità dei colpi, un praticante di kung fu può usare una vera e propria camicia di ferro, cioè indirizza il proprio Chi nelle parti del corpo che vuole proteggere e tale energia si trasforma in veri e propri cuscinetti che proteggono il corpo dall'impatto.
Bisogna andare al di là della discussione fra interno ed esterno perché alla fine sono entrambe utili per raggiungere il nostro scopo quindi il praticante deve considerarle entrambe come buoni mezzi per ottenere un bel risultato.
Un praticante di boxe e di kung fu differiscono dal tipo di movimento che usano, però un praticante che usa una arte marziale di tipo esterna a lungo andare dovrà fare i conti col tempo che passa.Il campione di una federazione pugilistica mantiene il titolo per un certo periodo, un giorno capiterà che troverà un avversario più determinato, più giovane, più forte di lui, quindi dovrà cedere il posto ad un campione molto più agguerrito perché il suo corpo non riuscendo a reagire come egli desidera dovrà arrendersi alla realtà dei fatti.

 Questo è il limite di un atleta che sfrutta la biomeccanica del corpo mentre un praticante di una arte marziale interna non basandosi sulla prestanza fisica può combattere con avversari anche molto più giovani e vigorosi, anzi più il tempo passa più il combattente di una disciplina interna migliora, è come il buon vino, viene naturale evidenziare il lato positivo della pratica interna che porta il praticante a mantenere inalterate nel tempo le sue capacità marziali.
L'Hek Ki Boen Eng Chun sfrutta maggiormente la sua componente interna ed è proprio per questo che anche in assenza di prestanza fisica il praticante risulta competitivo in uno scontro, l'hoat keng che è un rilascio di energia di impulso caratterizza il praticante, il lavoro tendineo prevale su quello muscolare, il livello da cui è partito non è rilevante quando il praticante inizia il percorso di addestramento marziale riscontra già dal primo momento un cambiamento che è avvenuto dentro di sé e si proietta verso l'esterno con le nuove tecniche che ha appreso.

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