lunedì 23 novembre 2015

Allenamenti al Parco


Il Gruppo di Studio di Hek Ki Boen Eng Chun si allena anche all'aperto, ogni domenica ci saranno degli allenamenti al Parco.
Questa domenica ci incontreremo a Marina d'Ascea alle ore 14.00 vicino allo Sciabbecco, invitiamo tutti a partecipare ai nostri allenamenti e scoprire da vicino l'Hek Ki Boen Eng Chun. 

Distacco e Buddismo chan

Il Buddismo ha notevolmente influenzato l'Hek Ki Boen  e per meglio comprendere questo aspetto propongo un articolo del mio Suhu Riccardo Di Vito così che sia chiaro questo elemento profondo del Sistema:


Spesso mi viene chiesto se ci sono radici filosofiche nella nostra pratica. Chiaramente sì. Il Buddismo ha profondamente influenzato l’Hek Ki Boen, perché non si tratta solo di un’Arte Marziale che insegna a combattere (in passato ad uccidere), ma di una delle Vie per il perfezionamento spirituale. Non a caso le Arti Marziali Tradizionali Cinesi si svilupparono in un monastero Chan. La vita in un monastero Chan era adattissima per chi voleva praticare seriamente: l’alimentazione era frugale, il sonno solo in quantità strettamente necessaria e su un duro giaciglio, il lavoro e l’allenamento fisico molto pesanti, la disciplina severissima. Erano richiesti puntualità, autocontrollo, sopportazione del caldo, del freddo, del dolore, imperturbabilità di fronte al pericolo ed alla morte.
Il Buddismo Chan insegna a vuotare la mente, a liberarla da ogni idea, da ogni influenza esterna. Si può così arrivare ad uno stato di ricettività totale, che permette di reagire istintivamente al minimo stimolo. Se la mente è libera da ogni pensiero, priva di aggressività o paura, si possono percepire le intenzioni di un avversario ed agire di conseguenza; si può coltivare cioè un sesto senso che permette di prevedere il pericolo e di anticipare le azioni del nemico. 
Se la mente è invece turbata da pensieri o da preoccupazioni d’attacco o di difesa, non è possibile percepire correttamente le intenzioni dell’avversario e si può essere tratti in inganno anche da una banale finta. Il vuoto della mente ed il duro allenamento del corpo permettono di raggiungere l’unità di spirito e di corpo: il corpo (temprato dall’esercizio) non più frenato dalla mente (vuota) è pronto allora a reagire istantaneamente nel modo più efficace e puro agli stimoli. Non vi è più nessun freno fra percezione e reazione; il tempo di reazione è il più breve possibile e la tecnica “perfetta”. Le tecniche “perfette” sono sempre eseguite in maniera inconscia, paradossalmente prima eseguite e poi pensate. 
Come non menzionare gli ideali pacifisti e di non violenza del Buddismo, per cui il fine pratico delle arti marziali non è l’eliminazione dell’avversario, ma l’autodifesa e la protezione dei deboli. Ricordiamoci che per il Buddismo Chan si può sperare di ottenere il “risveglio”, l’illuminazione solo attraverso la concentrazione spirituale e la meditazione e non tramite la conoscenza teorica. Non è una religione (non ricerca infatti l’immortalità, non conosce dèi, non ammette concetti come il peccato o l’anima), ma si può solo considerare un “sistema di vita”. Chi pratica il Buddismo Chan deve educarsi a vedere direttamente dentro di sé, per scoprire la natura intima della realtà, senza l’aiuto dell’intelletto. Per arrivare a ciò sono indispensabili le pratiche della concentrazione mentale e della meditazione. Durante la meditazione bisogna ricercare il vuoto totale dentro sé stessi, bisogna far tacere la voce incessante della mente, bisogna abolire ogni pensiero, ogni emozione. Per mettere sotto controllo l’attività della mente è necessario regolare opportunamente la respirazione.
Scopo della meditazione è quello di consentire all’individuo di entrare a contatto, in maniera totale, con la realtà vera che lo circonda. In ciò consiste l’illuminazione, il “risveglio”. Le cose si vedono allora in maniera completamente diversa, come attraverso un terzo occhio, un occhio spirituale. Questa nuova visione di se stessi e del mondo è intuitiva, supera qualsiasi rappresentazione mentale e non deriva assolutamente dal pensiero o dal ragionamento.
L’illuminato vede le cose dall’interno, un po’ come le vede un grande artista che ha la capacità di rappresentarle condensandone l’intima natura in pochi tratti essenziali. Si può comprendere allora quanto dobbiamo come praticanti di Hek Ki Boen Eng Chun alla scuola Chan, che insegna a non preoccuparsi del passato o del futuro, ma a dare la massima importanza al momento presente che è il solo in cui siamo veramente vivi.
Quando si è in pace con se stessi e non si è preda di cento desideri, preoccupazioni, dubbi, paure e passioni, si può agire in piena libertà e con tutto il proprio essere. Si partecipa allora ad ogni cosa perfettamente “svegli” ed in totale concentrazione. Si gustano le cose senza essere legati ad esse. La mente diventa come uno specchio: è perfettamente lucida, presente e riflette tutto quello che vi è intorno senza che pensieri o preoccupazioni possano interferire. Si impara così ad essere dei “testimoni”, degli “spettatori distaccati”; il pericolo o la morte non fanno più paura: sono riflessi dallo specchio della mente.
Alcune persone sostengono che il fatto che sia un’Arte Marziale dovrebbe avere come scopo il combattimento. In realtà, invece, il primo fine di ogni arte è interno: un pittore dipinge in primo luogo per se stesso. Poi, se vuole, vende e guadagna, ma non è questa la ragione iniziale, anche se ci sono pittori che dipingono solo per vendere i quadri. Bisogna capire, quindi, se l’Arte Marziale sia qualcosa di fine a se stesso o se sia collegata al raggiungimento di uno scopo funzionale: un approccio molto lontano dall’utilitarismo occidentale, interamente centrato sul raggiungimento di un obiettivo.
Il concetto chiave del Buddismo Chan è “senza scopo e senza profitto”: esso indica l’attitudine necessaria per svolgere un’azione impeccabile. Così nel tiro con l’arco lo scopo per cui si incocca la freccia e si tende l’arco non è quello di fare centro, bensì quello di incoccare la freccia nel modo migliore possibile e di tendere l’arco nel modo migliore possibile. E’ l’eccellenza per l’eccellenza. La perfezione fine a se stessa. L’obiettivo (il bersaglio) è qualcosa che viene da sé, come effetto necessario e non cercato. E’ una conseguenza, non la ragione per cui si svolge l’azione.
L’enfasi sul raggiungimento di un obiettivo, al contrario, svalorizza l’azione e – paradossalmente – la rende anche meno efficace. Ne “Lo zen e il tiro con l’arco” il Maestro spiega all’allievo che non riuscirà a far centro finché il suo spirito sarà “là sul bersaglio” e non “lì” dove lui si trova adesso e dove deve agire. Difficile da capire per gli occidentali abituati a giudicare un’azione dai risultati che ottiene. Per molti un combattimento si traduce in “vincere” o “perdere”, mentre lo scopo dell’Arte Marziale in quanto Arte è “combattere in modo impeccabile”, così come lo scopo di un pittore è creare un quadro che traduca su tela la sua ispirazione. Vincere (o vendere il quadro) sono – potremmo dire – effetti collaterali, che si realizzano tanto più quanto meno li si cerca.
Quante volte di un pittore si dice che “è diventato commerciale”, per intendere che la qualità è scaduta proprio perché si è focalizzato sull’obiettivo (il mercato), anziché sul processo fine a se stesso. Da questo punto di vista, dunque, l’Arte Marziale, come ogni Arte, è un mezzo per rendersi eccellenti e per esprimere la propria eccellenza. L’Arte Marziale, rispetto ad altre Arti, ha qualcosa in più, che la rende particolarmente idonea a un percorso di tipo interiore: un lavoro di auto-perfezionamento e di auto-trascendenza che deve vedersela con la paura, il potere, il dolore, l’attaccamento, l’impermanenza e la morte. Quale strumento può essere più idoneo di un’Arte Marziale?

lunedì 16 novembre 2015

Il nostro più grande nemico siamo noi stessi

Uno dei motti più importanti che si sente nelle arti marziali è il seguente: Il tuo più grande nemico sei tu stesso.
Noi stessi siamo il nostro più grande nemico, il nostro ego ci evita di essere obbiettivi su noi stessi e il perfezionamento delle tecniche risulta una meta alquanto difficile da raggiungere, ed ecco che l'aiuto dall'esterno ci risulta fondamentale per far si che ci possiamo completare, per poterci completare dobbiamo prendere piena coscienza di noi attraverso il controllo della nostra mente.

Possiamo indirizzare la nostra mente verso un obbiettivo, però ottenere ciò che vogliamo non è sempre semplice, faccio un esempio pratico: Ci siamo prefissati come obbiettivo studiare per il giorno dopo, però in quel momento decidiamo di dare una occhiata veloce alla televisione prima di cominciare a studiare, accendendo la televisione troviamo quel telefilm che ci piace tanto e guardiamo l'episodio che ci interessa, la nostra attenzione si è spostata dal nostro obbiettivo, abbiamo perso tempo e non siamo riusciti ad ottenere ciò che volevamo.
Dei pensieri vagabondi hanno attirato la nostra attenzione e siamo stati trascinati da qualcosa che  non ci interessava, abbiamo messo la nostra precedente meta nel dimenticatoio e ci siamo creati un nuovo obbiettivo, però la parola scegliere non è opportuna in questo caso, in quanto siamo stati attirati da qualcosa di nuovo che ci attirava di più.
Tutto questo significa che non abbiamo il pieno controllo della nostra mente, la prima distrazione ci induce a seguire altro.

Allora per raggiungere appieno il nostro obbiettivo ci dobbiamo concentrare, ma questo non deve essere un esercizio saltuario, dobbiamo allenare la nostra concentrazione quotidianamente e ci dobbiamo concentrare verso l'interno.
Se ci concentriamo verso l'esterno può succedere che qualcos'altro ci fa cambiare interesse ma se manteniamo costantemente la nostra attenzione dentro di noi sarà più difficile che saremo attirati da qualcos'altro.
Quando sapremmo condurre la mente dove vogliamo noi avremmo raggiunto il nostro traguardo e non ci dovremo più sforzare a non farci più influenzare da cause esterne, poiché tutto questo diventa un processo naturale dentro di noi.
Così facendo avremo lavorato su di noi e può succedere che una persona arrogante cambia, diventa umile e più riflessiva, così facendo cercheremo sempre l'errore e i miglioramenti saranno sempre costanti e in questa perfezione continua di noi stessi avremmo assottigliato il nostro ego, quel nemico da grande che era si è trasformato ed è diventato piccolo e noi avremo più spazio per noi stessi.

domenica 8 novembre 2015

Gli air drill esercizi di riscaldamento



Il riscaldamento è una fase molto importante dell'allenamento, infatti in questo momento prepariamo il corpo per l'attività che dovremmo affrontare, così facendo evitiamo di incorrere in infortuni spiacevoli e il corpo riscaldato reagisce meglio rispetto a quando è freddo.
Uno degli esercizi più belli è rappresentato dagli Air Drill, qui sotto riporto alcuni video per far capire di cosa parlo:

DIFESA DA PUGNO DIRETTO E UTILIZZO DEL GIOCO DI GAMBE

 DIFESA DA GANCIO E GIOCO DI GAMBE
  
 

 UN ALTRA DIFESA DA GANCIO O DIRETTO CROSSATO E GIOCO DI GAMBE

 

DIFESA DAL MONTANTE E GIOCO DI GAMBE

 

Negli air drill come si nota alleniamo talune difese e ci abbiniamo dei passi, tutto a ciò al fine di prendere una buona posizione nel combattimento, però non ci limitiamo solo a questo, infatti grazie a questo possiamo sviluppare anche altre capacità come cordinazione, equilibrio, velocità, resistenza   e allenamento del peso.
Ebbene si anche con un semplice air drill possiamo allenare il peso questo perchè nel percorso didattico dell'hkb tutti gli esercizi hanno come scopo sviluppare questa abilità.
Ecco questo rappresenta una parte del riscaldamento che faccio con i miei compagni di allenamento, col passare del tempo si capisce l'importanza di questo esercizio, si correggono degli errori che prima non erano chiari, lo specchio è un utile strumento perchè questo è uno dei pochi modi per vederci dall'esterno verso l'interno.
Ci osserviamo allo specchio e possiamo lavorare su noi stessi, cosa molto importante per il nostro kung fu. 

domenica 1 novembre 2015

Prendere l'angolo giusto nel combattimento

In ogni tipo di scontro le persone si mettono le une di fronte alle altre e da questo momento comincia uno scambio di colpi, colui che ha ricevuto più danni si accascia al suolo stremato e si arrende.
Questa situazione capita nella maggior parte dei casi, colui che è più forte vince sul meno preparato.
Dover scambiare colpi su colpi con una persona più forte non è da sottovalutare ma ciò non significa che non possiamo fare niente, andiamo ad analizzare bene la situazione.

Prendiamo due persone con corporatura diversa: abbiamo una persona A alta robusta e con muscoli ben sviluppati e una persona B più bassa e gracile.
In uno scontro normale succederà che i due si scambieranno colpi su colpi, però c'è una differenza sostanziale, se la persona B riesce a dare un pugno a pieno petto alla persona A il colpo molto probabilmente non avrà effetto questo perché la persona B riesce a sviluppare un impatto meno intenso e poi anche perché il petto è una delle parti più protette del corpo umano e quindi se ci mettiamo anche uno strato spesso di muscoli il colpo non recherà grossi danni, se invece capita il contrario troveremo la persona più gracile a tappeto.
Da ciò ne consegue che non possiamo competere con una persona più forte sul suo stesso piano, non possiamo contrapporre la sua forza bruta con altra forza bruta perché chi è più forte vince, non dobbiamo lasciare tutto questo al caso dobbiamo usare la testa in maniera intelligente.


Sfruttare il proprio gioco di gambe ci aiuterà nello scontro, infatti tutto ciò già viene usato nel pugilato, con colpi veloci e precisi l'avversario viene stancato e tutto ciò si può ottenere grazie a un buon gioco di gambe.
Però non è stata trovata la soluzione del problema perché è vero che potremo colpire l'avversario ripetutamente affinché non cada stremato a terra, ma è pure vero che se ci prende a pieno possiamo essere noi a cadere a terra e non rialzarci più, in questa lotta contro il tempo non possiamo sbagliare niente.
Allora dobbiamo un po' modificare la strategia, il gioco di gambe deve essere funzionale all'obbiettivo che vogliamo raggiungere, in questo caso preciso dobbiamo prendere l'angolo giusto, dobbiamo metterci nel più punto più difficile da proteggere per lui e più semplice per noi da attaccare, il suo fianco.
E l'allenamento quotidiano ci aiuterà nel raggiungere questo obbiettivo affinché tutto questo diventi un movimento naturale e istintivo.