Oggi voglio parlare del Bai Shi e fare chiarezza su questo argomento, per una migliore comprensione del tutto riporto un articolo di Suhu Riccardo Di Vito:
Nelle epoche passate, molte famiglie affidavano i propri figli ad un
Maestro di Arti Marziali perché li educasse e crescesse secondo princìpi
retti e sani, addestrandoli in tutti i campi del sapere. Il SiFu era
dunque Maestro e Padre, un vero e proprio formatore che aveva il compito
di insegnare le Arti Marziali, ma anche storia, medicina, filosofia,
religione, fino alle regole comportamentali e sociali.
Tra gli Allievi comuni che frequentavano la scuola, il SiFu, dopo un
periodo di osservazione di circa 3 anni, ne sceglieva uno oppure alcuni a
cui riservava allenamenti speciali ed insegnava le tecniche in un modo
più profondo e, a volte, diverso. Questi prescelti erano i (門人) ménrén (mandarino) o Muhn Yahn (cantonese), i cosiddetti “uomini della porta”, cioè i discepoli, passati attraverso la porta [過門弟子 – guòméndìzǐ (mandarino) o Gwo Muhn Dai Ji (cantonese)].
I discepoli erano coloro i quali entravano nella casa del Maestro e
venivano adottati quali membri della sua famiglia, prendendone anche il
cognome. Questo ingresso nella famiglia del Maestro veniva celebrato con
il Bài Shī (拜師 – in cantonese Baai Si), la cerimonia in
cui ci si prostra di fronte al proprio Maestro, un vero e proprio atto
di affiliazione, mediante il quale l’adepto giurava fedeltà assoluta al
Maestro ed alla Scuola, per dedicarsi dunque ad una Via senza ritorno.
Raramente chi veniva scelto dal Maestro rifiutava…
L’onore e l’importanza della cerimonia sono ancora oggi ben
conosciute a tutti, anche se in parecchie Scuole si è perso il senso
profondo. Conosciamo bene alcuni personaggi che hanno fatto fino a ben
nove (!) Bài Shī, uccidendo la Tradizione. Una volta iniziato, in
realtà, il praticante non può più tornare indietro e lasciare la Scuola.
In passato, infatti, dai segreti trasmessi, sia medici che marziali,
dipendeva la sicurezza di un intero gruppo sociale: chi trasgrediva i
giuramenti prestati veniva punito severamente. Le classiche cinque
punizioni nella Cina imperiale consistevano nel marchiare la fronte,
tagliare il naso, tagliare i piedi, tagliare i genitali, tagliare la
testa. Sappiamo che ci sono famiglie che tagliavano direttamente i
tendini ed i legamenti…
I lǐ (禮 – o Lai in cantonese), i rituali, ed il rispetto
dell’ordine gerarchico in una comunità come quelle tradizionali cinesi
erano di fondamentale importanza. Per questo è bene conoscere il rituale
che ogni famiglia adotta. Io posso parlarvi del nostro, quello della
mia Famiglia.
In generale, il giorno della cerimonia, la stanza viene preparata con
i ritratti degli antenati e gli ideogrammi col nome ed i princìpi della
Scuola appesi alle pareti, con un altarino su cui viene offerta della
frutta e bruciato incenso con una serie di tre prostrazioni da parte dei
discepoli e del Maestro.
Il discepolo si presenta in piedi di fronte al maestro seduto e di
fronte all’allievo più anziano della Scuola, in piedi alla sinistra del
Maestro. Poi recita il giuramento, guardando i ritratti degli antenati,
scandendo con precisione il proprio nome e cognome e l’ora ed il giorno
esatti.
Dopo il giuramento, il discepolo si inginocchia di fronte al Maestro.
Lo studente più anziano consegna una tazza di tè al discepolo, in modo
che lo stesso possa offrirla al Maestro. L’adepto omaggia con deferenza
il Maestro con il tè: lo stesso prende la tazza, senza bere il
contenuto, affinché l’Allievo capisca l’importanza dell’evento. Dopo
aver bevuto il tè e riconsegnato la tazza al discepolo, questi la dà
all’Allievo anziano.
Offerto il tè, il discepolo consegna al Maestro la hóngbāo (紅包 – Ang Pau in fukinese, Lai See
(利市) in Cantonese), cioè una somma di denaro in una busta rossa, che
simboleggia genericamente buona fortuna, ma fa riferimento alla
rivoluzione delle società segrete per il ripristino della dinastia Ming.
Sulla quantità dei soldi da mettere dentro non mi soffermo, perché c’è
tutto uno studio sulla numerologia ed il significato dei numeri che qui
non posso affrontare.
Dopo aver offerto la busta, l’Allievo si inchina tre volte, sbattendo
la testa per terra, come prova evidente del giuramento nei confronti
del Maestro, della famiglia e della Scuola. Durante la prostrazione, il
discepolo ruota le mani con il palmo in su, a garanzia della sua buona
fede, della sua fedeltà e della sua disposizione a difendere la
famiglia.
Durante il Bài Shī l’Allievo giura di di non avere altri
Maestri, di non entrare mai in un’altra famiglia, di onorare il suo SiFu
col suo comportamento, obbedendogli in tutto, trasmettendo fedelmente
gli insegnamenti della Scuola. In alcune Scuole il SiFu versa un altro
tipo di tì, bollente e nauseante, in una tazza, porgendola all’Allievo,
che viene costretto a berlo tutto d’un fiato, dimostrando così di essere
in grado di sopportare le asprezze dei futuri allenamenti.
Alla fine della cerimonia, il discepolo chiede al Maestro: “Mi
accetti?”. Il Maestro risponde: “Ti accetto”. Da questo momento in poi,
il discepolo è detto “a porte chiuse”. Il Maestro può consegnare
all’Allievo oggetti molto importanti della comunità, affinché vengano
custoditi, ma di sicuro gli dà un nuovo nome, il (法號) fǎhào – o Faat Hou in cantonese -, cioè un nome religioso buddista (nel nostro caso). In altre Scuole di tradizione taoista, si chiama (道號) dàohào – o Dou Hou in cantonese -.
In alcuni casi la cerimonia si conclude con l’apposizione delle firme
del Maestro, dell’affiliato e dei testimoni (che diventano 兄弟 – xiōngdì
o Hing Dai – suoi fratelli giurati) su un documento, con la
classica foto (in antichità il ritratto) che ritrae il Maestro seduto ed
il prescelto in piedi alla sua sinistra.
Diventare un discepolo dà vita ad un legame unico tra l’Allievo ed
una la lunga lista di antenati che hanno costituito la Tradizione prima
di noi. È una relazione molto speciale quella che intercorre tra Maestro
e Discepolo, perché si diventa membri di una famiglia.
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